Il calciomercato del pesce
Calciomercato in subbuglio. Ormai lo sanno pure le pietre: non c'è giorno in cui non si prospettino roboanti colpi o rinnovi a cifre sovraumane. Basta vedere il cinema attorno al rinnovo di Mbappé, fuori da ogni logica di sostenibilità economica. Certe operazioni non fanno che rendere insopportabile il divario tra i pochi che hanno tanto e i tanti che hanno poco e che si possono permettere esborsi miliardari grazie ai versamenti straordinari di soci e proprietà. Torniamo al mercato domestico e soprattutto a quello del nostro Torello. Non c'è quotidiano o sito che non facciano relegare il Toro e la sua dirigenza ad una sorta di soggetto minus habens. Tutto può essere ma la storia recente non ne dimostra la plastica rappresentazione. Capiamoci: diverse operazioni di mercato non sono state un esempio di genialità, ma tutto sommato in linea con quelle di molte società di medio calibro. Sicuramente le operazioni in uscita (caso rinnovo Belotti a parte) segnalano semmai una discreta abilità, al netto delle conseguenze sportive che hanno portato certe cessioni. La vendita di Cerci, Immobile (chieste dai giocatori stessi ndr), Zappacosta, Maksimovic, Darmian si sono rilevate profittevoli. Ecco perché credo poco a svendite dei calciatori, oggi in rosa, che hanno mercato. Vendere Bremer a 15 milioni all'Inter è un insulto all'intelligenza e alla logica. Singo a meno di 20, milioni non parte. Certo vedere il Torino, nell'opinione pubblica, relegato a succursale di società più grandi fa rabbia e demoralizza, ma è la triste realtà del calcio di oggi.. Eppure gli esempi di Milan ed Atalanta danno qualche speranza, anche se per queste società la differenza l'hanno fatta i dirigenti sportivi, abili e competenti. Merce rara da trovare - quella si- sul mercato.