Ogni tanto un esercizio di sano realismo non farebbe male a noi granata, soprattutto quando dobbiamo misurare la forza economica del Toro. A prescindere dalla simpatia verso il nostro presidente (ognuno la pensa come gli pare), rimane il fatto che i conti Cairo lì sa fare. I risultati di RCS parlano chiaro e i soci del primo gruppo editoriale italiano sanno che se si producono utili di solito arrivano i dividendi.
Il Toro ha, al contrario, una situazione debitoria pesante, frutto dei mancati ricavi causa Covid, di investimenti sbagliati che hanno bruciato il tesoretto delle plusvalenze di Petrachi, di costo del personale esagerato. Non a caso il Torino è ricorso a due prestiti bancari di complessivi 30 milioni di euro. Il primo è revolving, il secondo contratto di finanziamento a lungo termine di importo complessivo pari ad Euro 15 milioni con periodo di preammortamento di 24 mesi e rimborso in 12 rate di Euro 1.250 mila ciascuna, con scadenza dal 31 dicembre 2022 e fino al 30 settembre 2025.
In sostanza da gennaio 2023 il Toro dovrà pagare una rata mensile pesantissima.
In questo contesto quindi che mercato si può fare? Quello dei "pagherò", se la controparte li accetta. Ecco le difficoltà per chiudere le operazioni Praet, Joao Pedro, laurentie, Solet. Operazioni che comportano una spesa di quasi una quarantina di milioni di euro. Che il Toro non ha. Quindi cosa succederà? Qualcuna di queste andrà in porto ma non tutte. E soprattutto solo dopo aver venduto Bremer. Prima manco parlarne.


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