Paolino Pulici
Paolino Pulici, 172 gol totali con la maglia del Torino

Gli allenamenti al Fila nel vivaio ed in prima squadra

E non ero mai stanco perché io avevo conosciuto la stanchezza vera. Sapete cos’è la stanchezza vera? È lavorare in fabbrica. Dopo aver frequentato le Medie in seminario a Finale Ligure… tanto che se avessi voluto sarei potuto diventare prete, ma non era quello il mio percorso… una volta tornato a Roncello, 3 anni dopo, iniziai a lavorare con papà nella stessa trafileria in cui si spaccava la schiena lui. Rame e altri metalli. 

Avevo 14, 15 anni. Era un lavoro durissimo. Faticosissimo. Anche pericoloso. Un anno e mezzo in fabbrica. E i lavori più pesanti li facevano fare a noi giovani. La stanchezza vera era quella. Altro che allenarsi due volte nello stesso giorno!.  

Il gol più bello

Scontatissima. Quello al Cesena il giorno dello scudetto.  

Un rimpianto

Essere stato costretto dalla nuova società ad andarmene nel 1982... Moggi: dopo l’addio di Pianelli. Che tanti anni prima alla fine di una partita aveva giurato sulla mia gamba, sventrata da un fallo e ricucita nell’intervallo con le graffette del tempo, che un torello così coraggioso non avrebbe mai dovuto lasciare il Toro. 

Uno come me avrebbe voluto e dovuto chiudere la carriera in granata. Mi tolsero questo sogno e ancor oggi provo una rabbia enorme. Non mi diedero neanche il permesso di allenarmi coi compagni. Davo fastidio perché facevo troppa ombra ai nuovi arrivati in società. Così passai all’Udinese. E poi alla Fiorentina.  

Cairo
Urbano Cairo

Quando Cairo lo convocò per dirgli che non sapeva cosa fargli fare nel Torino

Già, proprio così. Ma non è certo per questo che giudico fallimentare il suo ciclo. Vent’anni modesti, mediocri, senza vere ambizioni, tra una valanga di promesse non mantenute e la vendita continua dei talenti migliori. Costruendo poco o nulla. 

Manco il Museo del Grande Torino al Fila è riuscito a realizzare! Neanche le basi del Toro! Con Pianelli non perdevi mai la speranza. Con Cairo, invece, quasi non la coltivi. Sperare è normale, anormale è mettere sul tavolo le problematiche di questi decenni. Presidenze non da Toro vero, anche prima di Cairo. 

D’altra parte, tornando all’attuale proprietario, se pensi solo o soprattutto ai soldi e non ami abbastanza il Torino, non vai da nessuna parte. Il 10° posto, ecco: il simbolo della mediocrità, visto che parliamo del Toro. Da tanti mesi i tifosi contestano e li comprendo benissimo. 

Loro, e quel canto ormai ben noto: “Urbano Cairo devi vendere… vendere…”. Anch’io spero in un cambio di proprietà, in una società migliore. C’è tutto un popolo che sogna di esplodere di gioia davanti a un Toro tornato di nuovo vero.